di Luigi Bottos, Head of ESG Certification Strategic Centre di RINA
L’economia circolare è un modello di gestione delle risorse che inizia già nelle prime fasi del ciclo di vita di un prodotto o servizio. Si tratta di un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile: una rottura rispetto al modello di economia lineare che ha caratterizzato lo sviluppo del capitalismo dalla rivoluzione industriale a oggi.
Questo nuovo modello trova riscontro a livello internazionale e nazionale in diversi documenti. L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, ad esempio, prevede all’interno dei vari obiettivi quello di garantire “modelli di consumo e produzione sostenibili”.
A tal proposito l’Unione europea ha lanciato un piano d’azione per accelerare la transizione dei paesi verso un’economia circolare: nel 2020 è stato approvato l’European Green Deal e il nuovo piano d’azione sull’economia circolare, entrambi finalizzati al raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. In particolare, il piano di azione per l’economia circolare e la nuova strategia industriale europea va nella comune direzione di accelerare la trasformazione dei settori produttivi nel segno della transizione ecologica.
La recente risoluzione del Parlamento europeo sottolinea peraltro che la transizione a un’economia circolare è una delle condizioni necessarie per raggiungere entro il 2050 l’obiettivo emissioni nette zero di gas serra. Il piano rivolge una particolare attenzione alla progettazione di prodotti sostenibili e alla circolarità nei processi produttivi, nonché ad alcuni settori ad alta intensità di risorse e ad alto impatto ambientale, tra cui la plastica, il tessile, le costruzioni, l’elettronica, le produzioni alimentari, le batterie, i veicoli.
A livello nazionale, il PNRR è un’occasione unica per accelerare il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi globali ed europei al 2030 e 2050 – come l’Agenda 2030, gli obiettivi inseriti nell’accordo di Parigi, l’European Green Deal – che puntano a rafforzare l’adozione di soluzioni di economia circolare. In particolare, la missione numero due del PNRR “Rivoluzione verde e transizione ecologica” si prefigge di colmare le lacune strutturali che ostacolano il raggiungimento di un nuovo e migliore equilibrio fra natura, sistemi alimentari, biodiversità e circolarità delle risorse, in linea con gli obiettivi del piano d’azione per l’economia circolare varato dall’Ue.
Premesso ciò, misurare la circolarità serve in particolare a comprendere quale tipo di approccio all’economia circolare abbia l’organizzazione; valutare le prestazioni dell’organizzazione, tenendo conto non solo degli aspetti ambientali ma anche di quelli sociali ed economici; verificare l’efficacia delle proprie strategie di circolarità, permettendo un miglioramento continuo con conseguente riduzione di costi e impatti; perseguire azioni concrete e raggiungere risultati misurabili per tendere a una maggiore trasparenza per il mercato.
Da diversi anni la normazione tecnica nazionale e internazionale ha avviato i lavori per produrre diversi standard sull’economia circolare. Il primo standard nazionale, pubblicato il 30 novembre scorso, è la UNI/TS 11820:2022 “Misurazione della circolarità – Metodi e indicatori per la misurazione dei processi circolari nelle organizzazioni” che fornisce un metodo per la misurazione della circolarità di un’organizzazione.
Il documento specifica le definizioni, i principi e gli indicatori utilizzati per valutare il livello di circolarità ed è applicabile a tutte le tipologie di organizzazioni anche a livello di gruppo. Il sistema di rating non prevede livelli minimi di circolarità ma fornisce una valutazione sul livello raggiunto.
La specifica tecnica adotta con un approccio innovativo prospettive di circolarità più ampie che includono aspetti quali il “life cycle thinking, material flow analysis, resource value maintenance” e il “value recovery” ed è stata proposta anche a livello internazionale come base per la redazione della ISO 59020 “Circular economy – Measuring circularity framework” che – ci auguriamo – possa essere pubblicata nei prossimi anni. Attualmente, comunque, questa norma è pensata per essere certificabile come claim e anche questo è un aspetto innovativo.
Tuttavia, affinché la misurazione della circolarità possa dirsi efficace è necessario che sia adeguata allo scopo che si intende perseguire con la sua implementazione; si estenda a indagare tutte le molteplici dimensioni aziendali sia di tipo organizzativo, culturale, relazionale e di filiera sia relativamente a processi e prodotti; i principi alla base delle strategie circolari siano operativamente integrati nella misurazione per fornire un chiaro supporto strategico; indaghi aspetti chiave della circolarità sia in funzione valutativa sia come stimolo per intraprendere azioni e soluzioni circolari; sia profonda, specifica e differenziata per settori merceologici; sia seguita da un’accurata fase di raccolta dati, funzionale alla loro tracciabilità; sia verificata da un ente terzo indipendente che assicuri l’accuratezza delle informazioni e dei requisiti richiesti dalla specifica tecnica e, più in generale, dalle norme di riferimento.
In conclusione, l’economia circolare è un modello economico che ha un ruolo chiave per l’implementazione della transizione ecologica e degli obiettivi del PNRR. Tramite un approccio sistemico e olistico, il modello mira a mantenere circolare il flusso delle risorse conservandone, rigenerandone o aumentandone il valore e, allo stesso tempo, contribuendo allo sviluppo sostenibile.
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