di Marco Poggianella, co-founder e CEO di SOP – Save Our Planet
Pianura Padana e inquinamento
Da anni, e con maggiore evidenza in questi giorni, sentiamo ripetere la notizia di come la Pianura Padana abbia l’aria più inquinata d’Europa. E preciso che non mi riferisco ai gas serra e al loro effetto climalterante, che pure sono prodotti presenti in quantità significative nella Pianura Padana, bensì all’inquinamento atmosferico.
Fattori geografici
Ciò si deve a una combinazione di diversi fattori, in primis geografici: la Pianura Padana è incastonata tra le Alpi, a nord e a ovest, e gli Appennini a sud. Questa disposizione crea una sorta di grande anfiteatro, con un’unica uscita a est sul Mare Adriatico, altrettanto chiuso tra le coste italiane e quelle Sloveno-Croate. In questo “teatro” aumenta l’umidità, l’aria fatica a rinnovarsi e resta intrappolata sia in inverno quando il freddo si accumula e il vento scarseggia, creando le condizioni perfette per l’inversione termica impedendo alle sostanze inquinanti di disperdersi nell’atmosfera, sia d’estate, quando si viene a creare un “effetto cuscinetto” che trattiene l’aria calda e umida e porta a temperature elevate e giorni afosi.
Questa conformazione rende facili spostamenti e collegamenti, ha permesso uno sviluppo industriale tra i più importanti in Europa e un costante incremento della popolazione con oltre quindici milioni di persone e una densità demografica doppia rispetto a quella nazionale.
Fattori antropici
La Pianura Padana è per natura estremamente fertile e ha da secoli una tradizione di allevamenti di animali che permettono la creazione di prodotti meravigliosi come il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano, il Gorgonzola, il prosciutto crudo (Parma e San Daniele) e molti altri. Ma questo è possibile solo grazie ad un gran numero di allevamenti (oltre il 50% del patrimonio nazionale) di bovini (da latte e da carne), di suini e dei relativi campi utilizzati per i foraggi, sui quali vengono sparsi i liquami degli allevamenti stessi.
I sistemi di riscaldamento, spesso obsoleti, e il traffico prevalentemente su ruota, sono sicuramente il problema più noto legato all’inquinamento. Incide però molto anche il liquame zootecnico. Il liquame non è solo una questione di puzza: l’incontro tra urina e feci genera un “prodotto” importante in grado di fertilizzare i campi, ma anche importanti emissioni di ammoniaca. In Pianura Padana questa è quasi interamente (il 97%) di origine agricola, di cui l’80% dai liquami di bovini e suini. L’ammoniaca (NH3) rilasciata nell’atmosfera reagisce con gli ossidi di azoto (NOx) e con i composti dello zolfo (SOx) generati dalle emissioni delle industrie, riscaldamento e veicoli, contribuendo alla formazione di particolato sottile: PM2.5 (diametro <2.5 micron) e PM10 (<10 micron).
Gli effetti
In Europa il particolato contribuisce alla morte prematura di circa 250.000 persone ogni anno e solo in Lombardia causa circa 35 decessi al giorno, circa 13.000 all’anno. Gli effetti negativi dell’inquinamento dell’atmosfera portano a un drammatico aumento di malattie respiratorie, cardiovascolari e tumori e nei
bambini e anziani sono in aumento rispettivamente ritardi nello sviluppo fisico e mentale, deterioramento cognitivo e malattie neurodegenerative. Uno studio recente condotto dall’Università Bocconi in collaborazione con Fondazione CMCC e Legambiente Lombardia (Exploring the impact of livestock on air quality: A deep dive into Ammonia and particulate matter in Lombardy), ha messo in luce l’impatto diretto dell’allevamento sull’incremento delle concentrazioni di ammoniaca e particolato: lo studio ha calcolato come un aumento di mille unità di bestiame sia in grado di provocare un corrispondente aumento giornaliero delle concentrazioni di ammoniaca e particolato in Lombardia di 0,26 e 0,29 μg/ m3 per i bovini (circa il 2% e l’1% delle rispettive medie giornaliere), e di 0,01 e 0,04 μg /m3 per i suini.
Il resto del mondo
La situazione della Pianura Padana non è unica ma trova analogie in diverse altre regioni agricole del mondo, ognuna con le sue sfide specifiche ma con problemi fondamentalmente simili. La vasta area agricola della Central Valley in California produce oltre 250 colture diverse, con un valore di circa 17 miliardi di dollari all’anno, contribuendo ad oltre il 25% del cibo degli USA; è anche l’area più inquinata degli USA grazie alla combinazione di agricoltura intensiva e allevamenti di bovini, traffico e condizioni
meteorologiche che limitano la dispersione degli inquinanti. Una situazione analoga si ravvede nella pianura indo-gangetica in India (l’area più inquinata del mondo) e nella grande pianura del Nord in Cina. Di fronte a queste realtà come possiamo continuare a nutrire miliardi di persone in maniera sostenibile?
Conclusioni
Il dibattito intorno all’agricoltura e alla sua sostenibilità non è mai stato così acceso. Occorre, da subito, implementare soluzioni tecnologiche e scientificamente dimostrate. Quando parliamo di sostenibilità dobbiamo riferirci agli SDGs. Creati nel 2015 dalle Nazioni Unite ed adottati universalmente, gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile sono una guida e un modello verso cui anche l’Italia e tutte le regioni si sono impegnate. Gli SDGs consentono anche un miglioramento del rating degli imprenditori, anche agricoli, con un migliore accesso al credito e un migliore posizionamento nella filiera.
Iniziative per ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura e relativi SDGs
- Agricoltura di precisione con tecnologie avanzate (sensori, droni, GPS ecc.) in grado di ottimizzare e ridurre l’uso di fertilizzanti, di acqua e di pesticidi (SDG 2, 6, 12, 13, 14, 15);
- Pratiche agricole come la rotazione delle colture e l’agroforestazione, oltre che l’utilizzo di biopotenzianti di nuova generazione in grado di migliorare molto la fertilità del suolo e ridurre l’erosione (SDG 2, 12, 13, 15);
- Controllo delle emissioni negli allevamenti con sistemi per la gestione dei reflui animali e dei rifiuti
agricoli, in grado di ridurre drasticamente l’ammoniaca e le emissioni di gas serra anche con, quando possibile, impianti di biogas (sempre con indispensabile trattamento successivo del digestato) soprattutto utili per generare energia, sostituendo i combustibili fossili (SDG 3, 7, 13, 14, 15); - Utilizzo di energie rinnovabili come i pannelli solari sopra i tetti delle stalle (non sprecando prezioso
terreno agricolo) (SDG 7, 11, 13); - Riduzione degli sprechi alimentari che ogni anno, consistono in un terzo del cibo prodotto: oltre 1,3 miliardi di tonnellate (SDG 1, 2, 12, 13);
- Fiscalità ambientale con incentivi fiscali e premialità per gli agricoltori che utilizzano pratiche sostenibili (SDG 8, 12, 16, 17);
- Sviluppo di mercati locali per favorire la vendita diretta dal produttore al consumatore (SDG 1, 2, 5, 11, 12, 13).
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