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di Saverio Chiappa

Un prodotto ottenuto dagli scarti, una configurazione territoriale innovativa, un maggior rigore nella scelta dei fornitori o una consapevolezza delle certificazioni necessarie per potersi dire “sostenibili”. Le strade che portano alla transizione ecologica sono molteplici e quasi mai in conflitto l’una con l’altra. Ciascuna azienda, anche in relazione alla propria dimensione, delinea la propria strategia puntando su un aspetto o su un altro. Nei casi delle realtà più strutturate, come l’italiana Sparco, queste “anime” della transizione hanno modo di coesistere senza troppe difficoltà.

L’azienda

Sparco, società capogruppo del gruppo Sparco, è nota al grande pubblico principalmente per la produzione e commercializzazione di abbigliamento per il motorsport. Ad oggi, la società di Volpiano (Torino) conta più di 300 team partner in varie competizioni motoristiche mondiali: F1, F2, F3, Endurance, Indy, WRC, Nascar, Rally Raid. Da questo nucleo, nel tempo, sono nate varie diversificazioni che includono componenti e accessori per le auto sportive e da competizione, i prodotti in carbonio, le scarpe antinfortunistiche, ma anche le postazioni gaming, i sedili per gli e-sport e le sedute delle panchine di club di calcio, volley, basket e rugby. Una trasformazione accompagnata dalla struttura aziendale che opera tramite le business unit dedicate “teamwork”, “gaming” e “seats”. Alla fine del 2023, come scritto anche nel bilancio di sostenibilità di Sparco, l’azienda conta più di 1.500 dipendenti in tre continenti: Europa, America e Africa.

Un lavoro altamente tecnologico, dove si ha a che fare con clienti in corsa automobilistica e poi con clienti finali decisamente molto esigenti, i quali hanno necessità di avere prodotti con il massimo della performance e della qualità”, spiega il brand manager Niccolò Bellazzini a colloquio con ImprontaZero, portando come esempio la produzione di componentistiche in carbonio per le vetture supercar stradali. “Noi produciamo sicurezza, il nostro DNA è la produzione di prodotti di sicurezza per il motorsport, che adesso decliniamo anche sul mass market nella sicurezza sul lavoro”, aggiunge sintetizzando la mission del gruppo.

La linea Full Efficiency

La cosa che più mi rende orgoglioso, devo essere sincero, avendo un approccio molto orientato al prodotto, è la linea che abbiamo fatto sull’ignifugo e sull’antinfortunistica, chiamata Full Efficiency: è una linea di prodotti in cui rigeneriamo lo scarto produttivo, lo sfrido di produzione. Lo ri-lavoriamo e lo rimettiamo sul mercato sotto forma di prodotti con filato rigenerato”, afferma Bellazzini, portando un esempio di prodotto che ha una seconda vita. “Questo tessuto poi diventa componente di tute, guanti, scarpe, tutti ignifughi, nonché di scarpe antinfortunistiche, non ignifughe ma con puntale anti schiacciamento e lamina anti foro”.

Ciò permette – in base alle stime fornite da Sparco – una riduzione delle emissioni di CO2 per ogni prodotto che varia tra i 4,5 e i 6 kg. Le tute vendute in questo materiale sono circa 15.000, seguite da 10.000 paia di scarpe e 15.000 paia di guanti. “Se si moltiplica tutto per una media di circa 4 kg di CO2 risparmiata, l’impatto è decisamente importante. Si potrebbe fare di più, chiaramente, però è un risultato che riteniamo soddisfacente”. La sfida è portare questi prodotti a un livello altissimo di visibilità aumentando la consapevolezza della buona pratica. “Stiamo cercando di fornire un team di Formula 1 o magari anche di un campionato mondiale con una tuta in materiale rigenerato, portando un segnale forte anche dal punto di vista della comunicazione e del marketing”, rivela la società alla nostra testata.

Accedere al sistema delle CER

Oltre al prodotto c’è l’ambiente in cui si lavora. “Abbiamo installato un impianto fotovoltaico sullo stabilimento di Volpiano che garantisce un’autonomia del sito di circa il 40%”.

C’è inoltre l’interesse ad accedere al sistema delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), una configurazione incentivata che consente l’autoproduzione di elettricità da fonti rinnovabili. L’Italia, dove gli impianti utility scale per le rinnovabili trovano spesso difficoltà, ha deciso di sostenere con forza le CER prevedendo l’installazione di 7 GW complessivi: 5 GW con incentivo in tariffa e altri 2 GW con contributo a fondo perduto tramite i finanziamenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). La trattativa con la Commissione Europea è stata lunga, considerata la difficoltà a trovare con la DG Competition un punto di caduta sul regime degli aiuti di Stato. Alla fine, l’incentivo è stato approvato e consentirà a cittadini, enti locali, cooperative, PMI, attori del terzo settore e associazioni di costituire una comunità energetica.

Una possibilità che sta studiando anche Sparco per rendere più green la produzione. “Dovremo cercare di coinvolgere gli altri stabilimenti limitrofi per poter generare il benefit che dà l’impianto sugli altri plant. La comunità energetica ora è a 5 km, l’altro stabilimento è a 5,2 km. Quindi, ad oggi, per 200 metri non possiamo farlo, ma stiamo parlando e stiamo cercando di capire se possiamo avere una deroga. Questo – analizza Bellazzini – è un investimento decisamente importante che abbiamo fatto nell’ottica di ridurre i livelli di CO2 e di efficientare lo stabilimento sotto il profilo energetico”.

Inoltre, fuori dallo stabilimento sono stati piantati circa cento arbusti.

Il supporto ai dipendenti

A questi aspetti si abbinano iniziative collaterali sulla parental policy: “Tutti i dipendenti che avranno un figlio o che lo adotteranno nel 2024 avranno un bonus di 3.000 euro. L’abbiamo fatto per il 2024 e lo prorogheremo anche per il 2025 visto il grande successo. Siamo ben felici di pagare il bonus, considerato anche il tema della crisi della natalità in Italia”.

I fornitori

Tutte queste best practice devono poi trovare un’armonia anche nella relazione con l’ambiente esterno. Nel caso di molte aziende questo momento arriva nel confronto con i fornitori. Servono rigore e trasparenza, anche se si entra in un “macro-segmento che è abbastanza scivoloso” nel caso della carbon neutrality. “Noi abbiamo gruppi molto importanti come committenti, principalmente Ferrari, che chiedono chiaramente la certificazione di carbon neutrality, che prevede anche una certificazione della filiera dei fornitori”.

Sparco lavora con fornitori di materie prime e fornitori di prodotti finiti. Nel caso dei primi c’è molta consapevolezza della situazione. Sui prodotti finiti, invece, ci sono stati progressi ma la strada è ancora da battere. “Sono stati fatti grandissimi passi avanti. Oggi specialmente la Cina è un Paese con un livello di maggiore consapevolezza e sensibilità sul tema”. È invece ancora da costruire una piena coscienza sulla carbon neutrality nel cosiddetto “Far East”, in Paesi come Vietnam, Cambogia, Thailandia e Bangladesh. Un esempio virtuoso arriva dalle produzioni in Tunisia, dove “l’alto livello di scolarizzazione del tessile” ha permesso a tecnici italiani e tunisini di lavorare in sintonia nonostante le criticità del Paese nordafricano. La sfida sul riutilizzo dei prodotti ha reso i professionisti locali “ancora più consapevoli di lavorare per un’azienda all’avanguardia, che ha a cuore il coinvolgimento e le loro conoscenze tecniche”.

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