di Saverio Chiappa
Molteplici studi e rapporti ci dicono che i territori più fragili, come zone costiere o montagne, sono maggiormente soggetti alle conseguenze dei cambiamenti climatici. Lo affermano gli scienziati con cognizione di causa, ricorrendo a numeri e statistiche puntuali, ma si tratta di fenomeni che, nel nostro piccolo, possiamo riscontrare in prima persona.
Il danneggiamento degli ecosistemi
Le spiagge ci sembrano più corte di anno in anno, il colore dell’acqua è sempre meno limpido. “Stiamo contaminando tutti gli ecosistemi: che brutto il colore dell’acqua, sta cambiando anche il colore del fondale”, fa notare correttamente Federica Brignone, campionessa di sci alpino, in questa intervista rilasciata a ImprontaZero. Il suo sentire personale – rafforzato anche da una sensibilità al tema, poi declinata nel progetto Traiettorie Liquide – trova un riscontro oggettivo nei fatti. L’European Environment Agency (EEA), ovvero l’Agenzia Europea dell’Ambiente che monitora le condizioni ambientali europee, ci dice che circa il 30% delle coste europee mediterranee risulta attualmente in erosione; è fragile, da proteggere.
Ma ci si può spostare dal mare alla montagna, l’ecosistema che d’immediato ci riconduce alle medaglie olimpiche e mondiali di Brignone, trovando la medesima fragilità. Solo nel 2022 l’idroelettrico, la principale fonte di energia rinnovabile in Italia, ha vissuto un anno disastroso a causa della siccità generalizzata. Questa fonte, che spesso caratterizza i paesaggi montani, ha prodotto il 36% in meno del 2021. Le rinnovabili, di conseguenza, hanno contribuito per poco più del 30% al mix energetico nazionale. Adesso la situazione si è completamente ribaltata: l’idroelettrico ha trainato l’Italia a coprire il 52% del fabbisogno elettrico tramite fonti rinnovabili, segnando il valore più alto di sempre su base mensile. La produzione rispetto allo stesso periodo del 2023 è cresciuta dell’80% e vari altri record sono stati battuti. Una ottima notizia, dunque? “Nì” sarebbe la risposta corretta, perché l’aumento è da ricondurre alle maggiori precipitazioni e allo scioglimento delle nevi.
Questa fragilità, che osserviamo quotidianamente tra l’erosione delle coste e l’instabilità della montagna, tra siccità improvvise e abbondanza di precipitazioni, è sempre stata oggetto delle attenzioni di Federica Brignone. Anzi, come spiega in questa chiacchierata con la nostra testata, la sostenibilità è “una tradizione di famiglia”. “Quando ero bambina andavamo al mare, in montagna e tornavamo con i rifiuti che trovavamo per strada. Sono stata educata in un certo modo e quindi l’attenzione l’ho sempre avuta grazie alla mia famiglia”.
Traiettorie Liquide
Il seme è poi germogliato dando vita a “Traiettorie Liquide”, il progetto creato nel 2017 grazie all’incontro con Daniela e Giulia Mancini e veicolato tramite il ruolo pubblico che Brignone ricopre nello sport e nella società. Per la parte visuale ha invece potuto contare sull’apporto del fotografo Giuseppe La Spada.
“Siamo partiti dal mare, dall’acqua, e poi ci siamo evoluti. Traiettorie Liquide mira a sensibilizzare la gente su queste tematiche. Non raccogliamo fondi ma cerchiamo di dare esempi, suggerimenti e consigli che ognuno può adottare giornalmente senza stravolgere la propria vita”, aggiunge.
Le traiettorie, che sono consultabili sia dal sito internet della campionessa che dalla pagina dedicata, sono sei: la prima è dedicata all’acqua e in senso più ampio al mare, la seconda affronta il tema dell’inquinamento dovuto alla plastica negli oceani, mentre la terza ha come ecosistema principale il lago. Le altre tre approfondiscono lo scioglimento dei ghiacciai, la decarbonizzazione e la deforestazione. “Affrontando tutti questi temi, ho scoperto cose nuove e sono migliorata dal punto di vista della sostenibilità, anche nella mia vita personale”, testimonia la sportiva.
L’impronta di carbonio degli eventi sportivi
Negli anni l’evoluzione è stata sì personale, ma anche collettiva. Un altro esempio virtuoso arriva dal mondo degli eventi sportivi. Brignone, infatti, ripercorre i progressi nell’organizzazione dei grandi eventi: si è passati da un unico bidone per i rifiuti alla differenziata; la plastica monouso ha lasciato spazio a soluzioni più ecosostenibili, come utensili in materiale organico. Con il tempo sono venute meno le bottigliette di plastica e sono aumentate le borracce.
Per esempio, esulando per un istante dalla sfera “invernale”, durante le prossime Olimpiadi di Parigi 2024 – in base alle stime degli organizzatori – saranno emessi circa 1,58 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, rispetto ai 3,4 milioni del 2012 e ai 3,6 milioni del 2016. Parigi si è data come obiettivo il dimezzamento dell’impronta di carbonio proprio rispetto alle edizioni di Londra e Rio de Janeiro. Al 2030, invece, il Comitato Olimpico Internazionale ha fissato l’obiettivo di zero emissioni di carbonio.
Se invece guardiamo all’Italia, nello specifico all’organizzazione delle Olimpiadi invernali in programma a Milano-Cortina nel 2026, il rapporto della stessa Fondazione Milano-Cortina stima che le emissioni legate alla costruzione di infrastrutture permanenti potrebbero ammontare a 300.000 tCO2eq, ovvero l’unità utilizzata per misurare l’impatto ambientale di una tonnellata di gas serra rispetto a quello di una tonnellata di anidride carbonica.
Le cosiddette “attività associate” potrebbero pesare per 376.000 tCO2eq, mentre la Fondazione, per le attività di pianificazione e svolgimento dei Giochi durante tutto il ciclo di vita dell’evento, ha previsto altre 324.000 tCO2eq. Finora il “carbon inventory” di Milano-Cortina ci dice che, nella fase preparatoria, gli spostamenti hanno rappresentato nel 2021 la principale fonte emissiva con il 62% sul totale. Percentuale poi scesa al 60,4% l’anno successivo.
Sono ancora i primissimi dati di una macchina non a pieno regime, ma la sensibilità sul tema esiste e Brignone lo conferma: “Ciò che vedo è la volontà da parte della federazione internazionale e degli atleti di cercare di ridurre gli spostamenti, farli più intelligenti. Adesso stiamo combattendo tanto noi atleti (anche perché è faticoso) per non andare in Scandinavia, poi in America, poi tornare in Europa. Cerchiamo di limitare queste cose”.
Le aziende legate allo sport
Lo switch, secondo Brignone, è arrivato grossomodo tra il 2019 e il 2020, quando la consapevolezza è aumentata tra organizzatori, atleti e sponsor. “Sempre di più le aziende sportive o che producono accessori sportivi – Norquain in primis – fanno tutto con la plastica riciclata”, afferma Brignone che nel brand di orologi ha trovato una sponda per le sue iniziative di sostenibilità.
“Sono un’azienda nuova, giovane, che ha delle belle idee, dei bei valori. Ci siamo avvicinati grazie a questa passione per la natura e per la sostenibilità”, premette. Brignone rivede affinità con Norquain sia nel contenuto, come nel caso delle tematiche ambientali, ma anche nella forma, e dunque nel design. “Vogliono comunicare il mio stesso messaggio. Mi piace moltissimo il loro design: è sportivo ma comunque elegante. E, nel mio modo di essere una sportiva, mi piace curare anche i dettagli in queste cose”. Secondo Brignone, si tratta di un paragone che può essere traslato anche sulla pista da sci: “Per esempio nella mia sciata c’è eleganza, non c’è solo forza ma c’è il mio modo di essere”, osserva parlando con ImprontaZero. C’è, infine, l’uso di materiali adeguati: “Tantissimi modelli dei loro orologi hanno cinturini prodotti da plastica riciclata e da materiali di scarto”, fa notare la campionessa.
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Photo credit: Lorenzo Belfrond